“Prendetevi un momento per analizzare l’ambiente circostante, osservate tutto ciò che è intorno a voi: quali sono le principali minacce che vedete?”
Poniamo questa domanda al gruppo di persone presenti nell’aula e riceviamo per lo più risposte del tipo: “il quadro elettrico, i condotti esposti dell’aria, l’estintore, le forbici sul tavolo, i cellulari, …”
Nessuno, subito, risponde le “altre persone”, ma dopo qualche istante - e a volte un piccolo aiuto - tutti realizzano e concordano sul fatto che la principale fonte di pericolo nella stanza sono gli altri esseri umani.
Mai come quest’anno ci sono arrivate così tante richieste di formazione e consulenza sulla gestione di violenza e aggressioni. Tante aziende sono infatti costrette a fare i conti con un fenomeno in crescita che sembra incontenibile e che si spinge ormai anche oltre i confini di quei luoghi che eravamo soliti pensare intoccabili, protetti, sicuri, ai quali attribuivano una sorta di sacralità: ospedali, scuole, case di cura, per citarne alcuni.
Particolarmente esposti sono quei settori lavorativi che prevedono attività di front office e, in generale, in cui vi è uno stretto contatto con il pubblico. Questi diventano sfogatoi di rabbia e frustrazioni latenti, dove i privilegi diventano spesso diritti auto-attribuiti, in cui rispetto e senso civico restano alla porta lasciando il posto alla minaccia, alla prepotenza, all’annichilimento gratuito dell’Altro.
Alla luce di questo quadro preoccupante, vi è la necessità di proteggere l’incolumità psico-fisica dei lavoratori valutando e gestendo tutti i rischi, tra i quali appunto quelli legati alla violenza, che può provenire dall’interno e dall’esterno dell’organizzazione. Matura visibilmente tra le organizzazioni la consapevolezza che non si tratta più di ottemperare solo ad obblighi di legge, ma di onorare davvero quel Dovere di Diligenza, quell’impegno a prendersi cura dei propri dipendenti.
Così, nell’aprile scorso ci arriva la richiesta da parte di una grossa azienda italiana di trasporto pubblico e privato di mettere in piedi un progetto di formazione sulla gestione delle aggressioni e della violenza nei luoghi di lavoro: circa cento aule per quasi mille dipendenti tra autisti, controllori, addetti alla biglietteria e al customer care. Il progetto non è ancora concluso, ma in questi mesi abbiamo incontrato centinaia di persone, ascoltato storie surreali, raccolto testimonianze tristi e spaventose. Assieme a questi professionisti, molti dei quali disillusi, rassegnati, arrabbiati, non abbiamo mostrato tecniche di difesa personale o mosse di kung fu, ma abbiamo affrontato con lucidità il problema senza la pretesa di risolverlo a monte. Piuttosto, sono stati trattati aspetti semplici ma concreti per la sicurezza; sono stati enfatizzati messaggi importanti come, ad esempio, il fare la propria parte, al fine di concentrarsi su piccole azioni concrete tra cui segnalare gli episodi di violenza all’azienda; abbiamo condiviso alcune semplici strategie verbali di de-escalation della rabbia e di comunicazione non-violenta; abbiamo affrontato la gestione dell’evento critico, analizzando assieme le procedure aziendali e gli strumenti per richiedere aiuto. Abbiamo sottolineato l’importanza di un adeguato sostegno psicologico dopo un episodio di violenza, per prevenire potenziali conseguenze negative alla salute psicofisica.
Trattare questi temi non ha solo l’obiettivo di migliorare la sicurezza e la qualità della vita professionale delle persone fornendo loro qualche strumento in più che può fare la differenza nel momento del bisogno, ma serve soprattutto affinché la violenza non venga minimizzata e normalizzata. Si tratta di un problema sociale oggettivo e complesso a fronte del quale soluzioni repressive non cambiano quasi mai la sostanza delle cose. Crediamo piuttosto che siano utili interventi capillari per ampliare il repertorio di risposte comportamentali delle persone che sono tutti i giorni potenzialmente esposte al rischio di aggressione. Spesso siamo noi stessi, con parole e comportamenti impulsivi, ad innescare, inconsapevolmente e ingenuamente, contro-azioni violente, ma la gestione della violenza - così come per tutti i tipi di rischio - parte dalla prevenzione, dalla consapevolezza delle responsabilità e dalla disponibilità a fare la propria parte.
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