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Emergenza, l’atto dell’emergere

Chi lavora nell’emergenza ha lo sguardo vigile e le mani gentili, il pensiero aperto e i piedi scattanti. Chi lavora nell’emergenza se prova dolore sa aspettare, prima salva e poi piange. Chi lavora nell’emergenza non ha mai smesso di studiare, solleva montagne solo con la determinazione, crea reti semplicemente con le parole. Chi lavora nell’emergenza ha il sorriso sincero e il portamento fiero.


Ne ho viste tante di persone che lavorano nell’emergenza, belle di una bellezza di lineamenti duri che rimangono scolpiti in un fermo immagine tra la polvere di un terremoto o le corsie di un ospedale, su letti di fiumi in piena o appesi a imbracature che si calano da elicotteri di soccorso, o ancora intrappolati, impazienti e concentrati, in sale operative a studiare scenari possibili.


Anche quest’anno ho visto gli stessi visi e i medesimi sorrisi accanto a me all’evento 10 IN EMERGENZA che organizziamo ogni anno per formare sui temi della sicurezza e dell’emergenza. La città che ci ospita L’Aquila, oggi quasi interamente ricostruita, è impegnata a non dimenticare la tragedia del terremoto del 2009.


Tutti i colleghi di quest’anno mi hanno stupita, ancora una volta, per l’entusiasmo e la competenza ma soprattutto per la testimonianza del loro impegno a prendersi cura delle persone e delle cose senza interruzioni, senza cedimenti, con coraggio, con professionalità, con empatia e con compassione. Bisogna essere preparati per l’emergenza, ma non dobbiamo mai dimenticare che poi la differenza la fanno sempre le persone, le persone speciali.

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